Si potrebbe raccontare di Venezia scrivendone 435 incipit diversi: tanti quanti sono i ponti che con l’eleganza delle loro arcate creano un intreccio labirintico tra i canali della laguna veneziana, restituendo allo sguardo del visitatore l’incanto di una Venezia che si rivela secondo gradazioni cangianti e affascinanti prospettive; sia che li si oltrepassi a piedi sia che li si attraversi all’ondeggiare di una gondola, i ponti della Serenissima consentono di immergersi nella piena magnificenza di storia, luoghi e spazi proiettati negli scorci naturalistici, romantici o artistici di piazze, calli, campielli e sestieri.
E se si intraprende il lungo corso del Canal Grande, Venezia si racconta attraverso gli incipit del Ponte di Rialto, di quello dell’Accademia e di quello degli Scalzi.
Il più antico e più famoso ponte che attraversa il canal Grande è quello di Rialto, così detto perché indicava la direzione da prendere per accedere al mercato situato nell’area del Rialto; originariamente realizzato in legno è oggi ricostruito in pietra con due rampe inclinate ed una sezione centrale e coperto da un elegante porticato che ne fa un maestoso esempio di architettura veneziana.
Il Ponte dell’Accademia è il più meridionale dei ponti del canal Grande: dalla sua struttura in legno lo sguardo può sconfinare libero per diversi chilometri lungo il canal grande, intercettando sulle sponde il vivace susseguirsi di palazzi colorati fino ad incorniciare, con il cielo che fa da sfondo, la Cupola della Chiesa di Santa Maria della Salute.
Il Ponte degli Scalzi è un ponte a singola arcata interamente in pietra d’Istria e il passamano, sostenuto da basse colonne anch’esse in pietra, conferisce alla struttura un’aria regale ed elegante che non tradisce le sofisticate atmosfere della Serenissima.
Città d’arte e paesaggio produttivo, perché Venezia è due volte bella
Bisogna allontanarsi dalla grandiosità di Piazza San Marco, dalla sua Basilica, dalla Torre dell’orologio, da Palazzo Ducale, dal Teatro La Fenice, dalle preziose testimonianze artistiche che, a Venezia, portano la segnatura di Tiziano, del Tiepolo o del Tintoretto.
Bisogna poi attraversare in fretta i monumentali Ponti di Rialto, quello dell’Accademia e quello degli Scalzi e perdersi invece tra inedite impressioni di vicoli e lunghi canali.
Allontanarsi, attraversare, andare oltre: è questo il percorso che di Venezia rivela il suo più caratteristico patrimonio fatto anche di antichi mestieri, legato ad una storia lunga ed importante, scritta da capitoli di mercanzia, di artigianato, di tradizioni e di saper fare.
Venezia ha un profilo mercantile e artigiano, un contorno definito dalla sua privilegiata posizione geografica che l’ha resa punto strategico anche di quell’antica Via della Seta percorsa da mercanti e carovanieri, tra scambi insieme culturali e commerciali dell’Oriente con l’Occidente e così raccontata e indicata, più di ottocento anni fa, da un mercante veneziano precisamente, Marco Polo.
È nella parte bassa della città lagunare che si rivela la vivacità tipica e sorprendente del suo paesaggio produttivo: il Sestiere di Cannaregio è un percorso accompagnato dal quieto andamento del canal Grande, fino alla Laguna Nord e al Ghetto Ebraico.
Lungo le fondamenta veneziane e tra le calli si affacciano botteghe artigiane, espressione di una produttività fatta di passione e tradizione: le calle dei Fabri, dei Boteri dei Saoneri, dei Calagheri sono vie che restituiscono ancora – e non solo nel nome- gli antichi mestieri veneziani, dai maestri del ferro ai calzolai, dai costruttori delle botti ai saponieri, dai tagliapietra, inventori del cosiddetto pavimento alla veneziana, ai maestri d’ascia che nei cantieri fabbricavano e riparavano le barche in legno della laguna.
Ma è nelle isole veneziane che si riscoprono le tradizioni manifatturiere più secolari: il merletto d’arte di Burano e la lavorazione artistica del vetro di Murano.
Solo con ago e filo, l’arte tessile delle merlettaie di Burano
La tradizione artigiana ha avuto spesso un volto e un saper fare al femminile, come a Burano dove alle “merlettaie” bastavano ago, filo e nessuna tela per imbastire disegni floreali o di animali, volute e geometrie: erano queste donne che realizzavano a mano, raffinate merlature ispirandosi a quelle delle cinte murarie medievali o alle reti da pesca i cui intrecci venivano rivisitati in chiave di vero e proprio ornamento.
Quest’arte tessile era praticata quasi esclusivamente dalle nobildonne, nelle case signorili, ma anche dalle religiose nei conventi o dalle popolane. Nonostante poi la produzione più industriale del merletto abbia preso il sopravvento, la manifattura delle abili merlettaie dell’isola è rimasta tradizione incontrastata e sempre praticata dalle donne di Burano, tanto da rappresentarne indiscussa eccellenza. Ripercorrere la storia di questo pregiato manufatto è possibile, se si visita il Museo del Merletto, edificio storico e sede della Scuola dei Merletti di Burano.
La fabbrica galleggiante del vetro di Murano
È il centro dell’artigianato veneziano, è qui che si mantiene la plurisecolare lavorazione artistica del vetro. Murano è ancora oggi una fucina di artigiani, maestri vetrai che con autorialità soffiano il vetro, lo modellano per ottenere creazioni uniche e originali.
Anche se la realizzazione degli oggetti in vetro ha antiche radici egiziane e poi romane, fu proprio nella Venezia del XIII secolo che questa pratica manifatturiera divenne una vera e propria arte, apprezzata in tutta Europa.
Per prevenire gli incendi causati dal processo di lavorazione nelle fornaci e per non perdere il monopolio di una produzione autentica e pregiata, i laboratori dei maestri vetrai furono trasferiti da Venezia nella vicina isola di Murano che tra ponti, canali e abitazioni rinascimentali, offre ancora oggi una storia di manifattura trasparente, affascinante e unica.