Pensando che sia l’unica torre privata di Lucca a non essere stata nel tempo “mozzata”, o completamente abbattuta, viene da pensare che sia dipeso dall’aspetto assolutamente inoffensivo e tutt’altro che militaresco donatole dal boschetto di lecci, che da oltre settecento anni ombreggia la sua sommità.
In effetti, la scelta delle famiglia Guinigi di realizzare l’insolito giardino pensile, probabilmente già nei primi anni del XV secolo, scaturì proprio dalla volontà di ingentilire l’aspetto minaccioso della torre, che andava progressivamente perdendo le sue funzioni difensive intra moenia, in quanto al crepuscolo del Medioevo i Guinigi erano ormai signori indiscussi della città.
Il risultato, oltre ad aver probabilmente contribuito a preservarla integra per secoli, è che oggi all’ombra di quei lecci – o meglio, dei loro discendenti – è possibile godersi una spettacolare e originale vista sul centro storico di Lucca, e di abbracciare con lo sguardo l’intero arco montuoso che circonda la città, dalle Alpi Apuane a nord-ovest, agli Appennini a nord-est, fino al Monte Pisano a sud.
Sono 230, ripartiti su 25 rampe, i gradini da salire per godere dello spettacolare panorama dai 45 metri di altezza della torre, ma l’inevitabile fatica viene abbondantemente mitigata, oltre che dal “premio” finale, dalla possibilità di ammirare diversi dipinti raffiguranti scene di vita medievale, disposti lungo le pareti interne.
Una visita a Lucca, la prima o l’ennesima che sia, non è mai banale. Richiede un approccio colto, ed estremamente curioso. Basta percorrere i viali all’esterno della cinta muraria, ed è inevitabile sentirsi attratti dal desiderio di scoprire volumi, forme, spazi e atmosfere, soltanto intuiti perché celati alla vista e protetti dalla possente cortina, che nel tempo ha saputo aprirsi ed accogliere senza mai essere violata.
Lucca, città che appare disegnata e costruita sulle tracce della propria storia, in realtà ne diviene continuamente ispiratrice, mantenendo segni e strumenti che conservano l’originaria consistenza materica, pur offrendosi a rinnovate esigenze di funzione e fruizione.
La struttura urbanistica, in primo luogo. Il sistema viario di origine romana, imperniato sul cardo di via Fillungo - via Cenami e sul decumano di via S. Paolino - via S. Croce, è la matrice che ha informato tutti i successivi sviluppi della città intra moenia, rimanendo percepibile anche nei tratti che risultano parzialmente alterati dalle nuove fabbriche, in particolare quelle dedicate al culto, dal Medioevo in avanti.
Ancora più eclatante il caso dell’Anfiteatro romano. Risalente al II secolo d.C., dalle sue mura in progressivo decadimento è sorta una schiera di edifici, secondo un processo di “estrusione storica” che ha sedimentato l’arena ellittica, trasformandola da spazio monumentale a spazio urbano per antonomasia, la piazza, in quanto tale pienamente recuperata solo nel 1838.
E poi le mura, perfettamente integre. Testimoni e custodi dell’identità di Lucca e dei Lucchesi, sono diventate esse stesse la rappresentazione plastica di questa identità, anch’essa tanto integra quanto “accessibile”. Le splendide porte monumentali che conducono al cuore della città murata simboleggiano efficacemente la serena austerità necessaria per approcciarsi allo spirito del luogo, così come i varchi minori, richiesti dall’uso e dal tempo, indicano una via alternativa, più intima e individualista, per incontrarne gli abitanti.
Tutto, fino a questo punto, sembra dispiegarsi seguendo placide prospettive orizzontali. Gli improvvisi accenti verticali delle torri urbiche, per quanto già percepiti, traguardando oltre le mura, da lontano, suscitano dunque una sorta di appagante disorientamento per chi ha abituato lo sguardo a spazi e dimensioni rese misurabili, e quindi rassicuranti, dai continui rimandi delle quinte stradali. Slanci verso l’alto che hanno esiti mai scontati, se non addirittura imprevedibili, suscitati dai rintocchi delle ore e dei quarti scanditi dalla Torre delle Ore, o dal frusciare sommesso della chioma arborea della Torre Guinigi.
Infine, le chiese di Lucca. Tante, alcune sobrie, altre ricchissime di ornamenti e particolari, tutte indistintamente amate dai Lucchesi, che le sentono affidabili depositarie della propria devozione. Simboli religiosi e opere d’arte custoditi al riparo di facciate complesse, dove l’uso architettonico e mediatico della luce è la cifra condivisa. Ne sono strumenti gli infiniti giochi di intarsi, le sculture, le arcate cieche e le logge, che per contrasto esaltano la luminosità dei marmi e della pietra lucchese delle facciate di San Martino, la Cattedrale, e di San Michele, o lo sfondo aureo della trama musiva sovrapposta alle lisce superfici verticali della facciata basilicale di San Frediano. Contrasti che vengono a proporsi, su piani spazialmente diversi, anche rispetto al caldo cromatismo degli intonaci e del cotto, che prevale sui tetti e lungo le quinte architettoniche di strade e piazze.
Tutto questo ha un effetto straordinario, perché Lucca, l’attuale Lucca, pur essendo il risultato del continuo sovrapporsi e affiancarsi di materiali, tecniche costruttive e soluzioni spaziali che sono espressione di ben definite fasi storiche, artistiche e culturali, infonde equilibrio e armonia come se fosse espressione di un unico pensiero, formatosi in un tempo indefinito, con cui potersi confrontare adesso.