I veneziani lo considerano come il "padrone di casa" e i visitatori sanno che ad accoglierli in piazza San Marco non vi è semplicemente "il campanile" ma uno dei monumenti simbolo della città e dell’Italia.
Dalla forma semplice, si eleva lungo la scanalatura di una canna di mattoni fino a raggiungere la cella campanaria fatta ad archi e a sua volta sormontata da un dado nelle cui facce fanno mostra le effigi alternate di due leoni e di figure femminili di Venezia.
L’elevazione della torre tocca l’apice nella forma piramidale della cuspide sulla cui sommità, ad un’altezza di 98,6 metri, campeggia la statua d’orata dell’arcangelo Gabriele.
È la più elevata costruzione della città veneta, fu antico faro per i naviganti che entravano in laguna e le sue fattezze e la sua rinomanza sono state così ammirate e conosciute da aver ispirato la realizzazione di altri celebri monumenti: le parvenze del Campanile di San Marco si intercettano infatti nel profilo della Metropolitan Life Insurance Company Tower di New York così come nella torre di Sather all'università della California, conosciuta appunto con la denominazione italica de Il Campanile.
La torre veneziana resta però esclusivamente italica se non altro per lo scenario che la contiene e che da essa stessa è possibile contemplare: risalendo verso la sommità, dalla trionfale loggetta del Sansovino che costituisce la base del campanile, è possibile far perdere lo sguardo nelle suggestioni di un incantevole panorama lagunare e magari al rintocco della "Nona", la campana che intona il Mezzogiorno riecheggiando in uno degli scenari più autenticamente italici.
Città d’arte e paesaggio produttivo, perché Venezia è due volte bella
Bisogna allontanarsi dalla grandiosità di Piazza San Marco, dalla sua Basilica, dalla Torre dell’orologio, da Palazzo Ducale, dal Teatro La Fenice, dalle preziose testimonianze artistiche che, a Venezia, portano la segnatura di Tiziano, del Tiepolo o del Tintoretto.
Bisogna poi attraversare in fretta i monumentali Ponti di Rialto, quello dell’Accademia e quello degli Scalzi e perdersi invece tra inedite impressioni di vicoli e lunghi canali.
Allontanarsi, attraversare, andare oltre: è questo il percorso che di Venezia rivela il suo più caratteristico patrimonio fatto anche di antichi mestieri, legato ad una storia lunga ed importante, scritta da capitoli di mercanzia, di artigianato, di tradizioni e di saper fare.
Venezia ha un profilo mercantile e artigiano, un contorno definito dalla sua privilegiata posizione geografica che l’ha resa punto strategico anche di quell’antica Via della Seta percorsa da mercanti e carovanieri, tra scambi insieme culturali e commerciali dell’Oriente con l’Occidente e così raccontata e indicata, più di ottocento anni fa, da un mercante veneziano precisamente, Marco Polo.
È nella parte bassa della città lagunare che si rivela la vivacità tipica e sorprendente del suo paesaggio produttivo: il Sestiere di Cannaregio è un percorso accompagnato dal quieto andamento del canal Grande, fino alla Laguna Nord e al Ghetto Ebraico.
Lungo le fondamenta veneziane e tra le calli si affacciano botteghe artigiane, espressione di una produttività fatta di passione e tradizione: le calle dei Fabri, dei Boteri dei Saoneri, dei Calagheri sono vie che restituiscono ancora – e non solo nel nome- gli antichi mestieri veneziani, dai maestri del ferro ai calzolai, dai costruttori delle botti ai saponieri, dai tagliapietra, inventori del cosiddetto pavimento alla veneziana, ai maestri d’ascia che nei cantieri fabbricavano e riparavano le barche in legno della laguna.
Ma è nelle isole veneziane che si riscoprono le tradizioni manifatturiere più secolari: il merletto d’arte di Burano e la lavorazione artistica del vetro di Murano.
Solo con ago e filo, l’arte tessile delle merlettaie di Burano
La tradizione artigiana ha avuto spesso un volto e un saper fare al femminile, come a Burano dove alle “merlettaie” bastavano ago, filo e nessuna tela per imbastire disegni floreali o di animali, volute e geometrie: erano queste donne che realizzavano a mano, raffinate merlature ispirandosi a quelle delle cinte murarie medievali o alle reti da pesca i cui intrecci venivano rivisitati in chiave di vero e proprio ornamento.
Quest’arte tessile era praticata quasi esclusivamente dalle nobildonne, nelle case signorili, ma anche dalle religiose nei conventi o dalle popolane. Nonostante poi la produzione più industriale del merletto abbia preso il sopravvento, la manifattura delle abili merlettaie dell’isola è rimasta tradizione incontrastata e sempre praticata dalle donne di Burano, tanto da rappresentarne indiscussa eccellenza. Ripercorrere la storia di questo pregiato manufatto è possibile, se si visita il Museo del Merletto, edificio storico e sede della Scuola dei Merletti di Burano.
La fabbrica galleggiante del vetro di Murano
È il centro dell’artigianato veneziano, è qui che si mantiene la plurisecolare lavorazione artistica del vetro. Murano è ancora oggi una fucina di artigiani, maestri vetrai che con autorialità soffiano il vetro, lo modellano per ottenere creazioni uniche e originali.
Anche se la realizzazione degli oggetti in vetro ha antiche radici egiziane e poi romane, fu proprio nella Venezia del XIII secolo che questa pratica manifatturiera divenne una vera e propria arte, apprezzata in tutta Europa.
Per prevenire gli incendi causati dal processo di lavorazione nelle fornaci e per non perdere il monopolio di una produzione autentica e pregiata, i laboratori dei maestri vetrai furono trasferiti da Venezia nella vicina isola di Murano che tra ponti, canali e abitazioni rinascimentali, offre ancora oggi una storia di manifattura trasparente, affascinante e unica.