Castello Incantato

Quella del Castello Incantato di Sciacca è una storia pura, tenera, vera e sorprendentemente artistica. 

A scriverla con la sua vita, il suo animo e il suo talento primitivo è stato un uomo semplice, divenuto scultore del suo immaginario, creatore di un luogo “incantato” dalla natura e dall’arte nelle sue forme più spontanee e semplici. Un incanto che sorprende e suscita impressioni ancora oggi: basta arrivare a Sciacca, ai piedi del monte di San Calogero, dinnanzi al canale di Sicilia, in quello che fu il giardino di Filippo Bentivegna e laddove fiorì l’arte di questo umile pescatore saccense, giovane e analfabeta che, appena ventenne, emigrò in America in cerca di fortuna… 

  • Credits immagini: 
Credits immagini:  

Trovò invece emarginazione e visse una brutta disavventura: rimase coinvolto in una rissa amorosa, venne colpito alla testa e fu rimpatriato per il grave trauma cerebrale subìto; tornato nella sua Sciacca divenne “Filippu di li testi”, acquistò un appezzamento di terra con la sua casa e qui, circondato da mandorli e ulivi, cominciò a creare, realizzare, scolpire il suo Castello Incantato: tra le rocce, le pietre e gli alberi del suo podere, persino nelle radici dei carrubi, Filippo comincia a intagliare, sbozzare e raffigurare teste umane di ogni forma e dimensione, volti in cui leggere tristezza, allegria o malinconia o semplicemente catturare fugaci sguardi che si perdono nel vuoto; teste che raccontano pensieri, forse quelli legati ad una vita non troppo fortunata, volti bifronti, riuniti in grappoli, di personaggi locali, storici o sconosciuti, visi e facce scolpiti in un nuovo tempo di vita completamente dedicato alla scultura, giorno e notte, dall’alba al tramonto, in un continuo allestire un reame di pietra e di legno, un Castello Incantato di cui l’artista si sentiva unico sovrano. 

Un anno dopo la sua morte arrivò a Sciacca un collaboratore di Jean Dubuffet, artista e teorico dell’Art Brut (la cosiddetta arte grezza e spontanea) che riuscì a visitare il Castello Incantato di Filippo Bentivegna: entrato in questo bizzarro reame riuscì a portare con sé alcune sculture da donare a Dubuffet e che poi le inserì nella sua collezione; oggi quelle stesse “teste” sono esposte al Museo dell’Art Brut di Losanna istituito in memoria del suo fondatore, quello stesso Dubuffet che riconobbe nel Castello Incantato di Filippo Bentivegna l’autorialità spontanea dell’arte scultorea.

Il Territorio
Sciacca

Uno scorcio di autentica e suggestiva bellezza pennellata dai colori della calda terra di Sicilia e dalle meraviglie del suo mare: la costa è quella occidentale dell’Isola laddove la cittadina di Sciacca si apre ad anfiteatro verso il litorale… 

Dinnanzi a sé uno scenario di trasparenze, quelle cristalline del mare del canale di Sicilia e dell’isola di Pantelleria, più in lontananza si scorge Tunisi mentre tornando a terra la scena può allargarsi fino alle antiche città greche di Eraclea Minoa e Selinunte e, salendo un po’ più su, si riscopre ancora l’incanto della Valle dei Templi, la sua Agrigento e ad est il Monte San Calogero dove si trovano le vaporose e benefiche acque termali. 

Un paese a strapiombo sul mare che comincia a raccontarsi tra le righe vivaci e pittoresche di una pagina che potrebbe dirsi strappata all’autenticità di un romanzo verista: un piccolo porto in cui si attende il rientro dalle notti in mare dei pescatori sui loro pescherecci che, approdati, riempiono il mercato quotidiano del molo in uno squisito spettacolo di vita marinara; il romanzo continua imboccando la rampa in salita che dal porto conduce alla piazza Scandaliato, il belvedere centrale che dalla sua grande terrazza lascia scorgere uno splendido panorama sconfinando oltre i tetti e le case dei quartieri, di là da la costa fin nell’azzurro del mare africano. 

Poi la storia continua nei suoi quartieri, ognuno adagiato su uno dei tre piani di roccia inclinati verso il mare: qui si scopre il tipico tracciato intricato e tortuoso delle città arabe, influsso della dominazione dei musulmani che cinsero i quartieri di mura al di sopra e al di sotto della strada principale mentre i Normanni ampliarono la cinta muraria rafforzando le fortificazioni. 

Il più grande dei quartieri è medievale, Terravecchia, ed è un intrico di vicoli e stradine gradinate mentre nel secondo rione si incontrano gli eleganti edifici religiosi e civili di Corso Vittorio Emanuele che si conclude con lo Steripinto, uno dei più belli e straordinari monumenti di Sciacca: è un palazzo nobile ed elegante, costruito nel ‘500 e che ha una delle facciate ornata da una fitta rete di bugne in tufo arenario a forma di diamante che al variare della luce del giorno crea suggestivi giochi d’ombra. 

Il centro storico è dunque uno scrigno di arte e architettura: c’è il Duomo di Santa Maria Maddalena con i suoi affreschi dipinti da Tommaso Rossi, poi i Palazzi di Tagliavia San Giacomo, in stile neogotico, e Arone Tagliavia; la Chiesa del Carmine che espone il suo rosone gotico del ‘300 e la Chiesa di Santa Margherita, il Palazzo Perollo e la torre del Pardo fino alle mura perimetrali del castello dei Conti Luna. 

Dai tesori del centro storico, assecondando i percorsi del terzo quartiere, si ridiscende rapidamente verso il molo, laddove arte e storia concedono nuovamente la scena al suggestivo verismo del rione marinaio: tra pesca, botteghe artigiane di ceramiche decorate e caratteristici mercati. 

Il resto della bellezza di Sciacca è racchiusa nella preziosità delle sue acque termali: l’Acqua Sulfurea e l’Acqua dei Molinelli; fonti di un benessere naturale che si sprigionano dal Monte di San Calogero all’interno di quelle grotte naturali intercomunicanti e sature di vapore utilizzate a fini terapeutici già in tempi antichissimi quando la Sicilia fu greca e fu romana e Sciacca ne accolse la profondità delle storie.

(Continua)