Si può dire che l’attività di Natsuko Toyofuku abbia inizio con gli occhi.
Arriva a Milano quando ha cinque anni e da subito si inserisce in un ambiente stimolante: il padre, Tomonori, è uno scultore di fama internazionale, la madre realizza composizioni pittoriche che suscitano grande interesse. La vita di Natsuko è una finestra sull’arte, il suo sguardo si forgia a contatto con modi di interpretare il mondo lontani dall’usuale.
I gioielli arrivano un po’ d’istinto e un po’ per caso: un’amica le lascia sul tavolo un po’ di cera e lei inizia a creare. Comincia facendo tutto da sé, utilizza il salone come stanza per la saldatura, ma i suoi genitori la lasciano fare. Da subito si indirizza verso il bronzo perché è il materiale delle sculture, è materico, leggero. Perfetto per delineare forme ampie e vaporose. A Natsuko non piacciono i gioielli classici, vuole sperimentare. La sua fonte di ispirazione principale sono i modelli scandinavi, si ritrova nella loro essenzialità. Chissà, forse le ricordano il Giappone.
La sua prima boutique ha una vetrina. Dapprima sono soltanto i bambini a fermarsi e a indicare alle mamme qualcosa che ha attirato la loro attenzione. In pausa pranzo passano molti impiegati, la maggior parte butta uno sguardo distratto e va oltre. Quelli che però inforcano gli occhiali per osservare più da vicino, quelli sono coloro che entreranno.
L’ispirazione che dà forma ai gioielli contemporanei di Natsuko viene soprattutto dalla natura. Anche il sasso trovato per terra, colpito per caso col piede, può diventare altro. La collezione Rose e la collezione Buchi raccontano questo percorso.
Ogni modello è disegnato da Natsuko in prima persona. Negli anni ha trovato artigiani milanesi che la supportano con la loro professionalità e con la loro esperienza.
Durante la giornata del gioiello contemporaneo ha presentato al MoMa le sue creazioni, che sono vendute in tutto il mondo.