Bosa

Si presenta come uno dei borghi isolani più caratteristici dell’Italia ed è tra i più straordinari da scoprire: Bosa è un luogo che si rivela per bellezza e produttività, offrendo a chi vi giunge storia e colore, tradizione e modernità. 

Il naturale scenario del suo litorale, che forse più immediatamente lo identifica, non riesce a nascondere il bel vissuto di un paesaggio produttivo e dinamico che fa ripercorrere, con altrettanta ammirazione, siti di archeologia industriale riuscendo a far vivere, ancora, quelle storie secolari e di indiscusso valore che appartengono ad una variegata tradizione artigiana. 

La costa è dunque quella della Sardegna occidentale, nella provincia di Oristano, ma Bosa si presenta in gran parte come un vivace agglomerato di case variopinte che si incastrano sul versante collinare del Serravalle per poi essere subito dominate dall’antica muratura di un castello medioevale, quello dei Malaspina, una possente fortezza del XII secolo. 

La parte alta del borgo si lascia raggiungere a piedi per poi concedere un panoramico affaccio su tutta la cittadina: un unico colpo d’occhio con cui intercettare lo strategico Ponte Vecchio che con la sua trachite rosa cavalca l’unico fiume navigabile della Sardegna, il Temo. 

Ed è proprio qui che inizia un’altra storia: è lungo le sponde di questo corso d’acqua che passano in rassegna, come fossero monumenti, le antiche concerie di Bosa: sono fabbricati ormai chiusi ma rappresentano la testimonianza di un importante passato imprenditoriale che si sviluppò in città attraverso l’eccellenza della lavorazione delle pelli. 

La tradizione conciaria di Bosa ha origini antiche romane ma fu tra la metà dell’800 e gli inizi del ‘900 che visse il suo periodo più florido, tanto da essere riconosciuta in tutta Italia come centro d’eccellenza nella lavorazione di pellame di alta qualità. 

Le concerie venivano edificate nelle vicinanze del Temo per il necessario rifornimento delle acque e sono caratteristiche case costruite in pietra, fango e calce. Attraversando il fiume, le costruzioni si susseguono come immagini in rassegna per il loro essere accostate le une alle altre. 

Ciascun edificio si sviluppa su due piani: quello inferiore era destinato alle vasche per la conciatura, la colorazione e il lavaggio, in quello superiore si trovavano invece i macchinari per la finitura.  

Tutt’oggi è possibile rivivere l’atmosfera tipica di questo luogo del fare: in uno di questi fabbricati, che risale al 1700, è ospitato infatti il Museo delle Conce di Bosa che custodisce tutto il sapere relativo alle diverse tecniche di lavorazione e offre un percorso guidato tra i laboratori, la strumentazione artigianale e le originali vasche in muratura. 

Da paesaggio produttivo, di ieri, le concerie di Bosa rappresentano oggi un paesaggio simbolo che già nel 1989 venne riconosciuto come monumento nazionale. 

Il paesaggio produttivo di Bosa è intriso di artigianalità: una delle tradizioni più antiche ci porta dapprima nei fondali cristallini del suo litorale ed è riferita alla lavorazione del corallo esercitata in questo luogo fin dal 1200. Riforniti direttamente dai sommozzatori che raggiungevano le profondità marine, i maestri artigiani di Bosa acquistavano il corallo per realizzare gioielli di eccellente manifattura in virtù di una lavorazione che faceva di delicati processi, come quello del taglio, della lisciatura, dell’aggarbatura e dell’incisione un’opera affidata esclusivamente alla sapienza della mano artigiana. 

Ritornando nel borgo e camminando per i suoi vicoli assai caratteristici ci si può imbattere nel fascino di un altro scenario che sa tratteggiare insieme i colori della tradizione e della produttività: nei vicoli di Bosa si incontrano abili donne, stanno sedute su sedie semplici, di quelle impagliate e d’uso quotidiano che appoggiano alla soglia delle loro case. Cosa fanno? Ricamano a mano. Come da tradizione. 

L’arte del ricamo è di per sé una tradizione fortemente radicata in tutto il territorio sardo ma a Bosa la tessitura eccelle nella realizzazione originale del Filet una lavorazione tessile tra le più antiche e pregiate dell’isola, praticata dalle donne fin da ragazze e tramandata di generazione in generazione. Questa tecnica di ricamo, realizzata fin dal 1800, prima in una dimensione domestica e poi nei laboratori artigianali, si distingue per la sua esecuzione ad ago che, con abile mano, va a ricamare il fondo di una rete a maglie larghe e a “randa” (cioè quadrate) legate da piccoli nodi. Originariamente le reti di filet erano vere e proprie reti da pescatori. Da questa raffinata tecnica, passata poi a telaio, si ottengono motivi diversi ed originali, che ne caratterizzano il ricamo: i disegni possono evocare infatti particolari figure geometriche o d’ispirazione animale e vegetale fino a intessere temi di carattere religioso, mitologico o favolistico. 

Un patrimonio tessile e figurativo che ancora oggi è praticato per continuare a dar vita all’artigianalità di produzioni inedite ed espressive di un territorio e delle sue più eccellenti tradizioni.