Identità e contaminazione: la Brianza, identità dei Brianzoli
Il nord di Milano, il sud di Como, gli anfratti di Lecco, il cuore di Monza. La Brianza non è un’entità, semmai un agglomerato: di modi, di spazi, di intendimenti, di occasioni. Delimitata da fiumi, rilievi, pianura e valli, idealmente definita su una carta geografica che senza delinearla, la include. C’è la Brianza antica, quella che abbraccia il lecchese; una Canturina, che si dirama lungo le zone del comasco; una Bassa Brianza, che ne rappresenta l’anima viscerale, inghiotte buona parte del monzese e qualche residuo meneghino; i frammenti di Brianza, che frastagliano i confini del saronnese, del legnanese, dell’isola bergamasca.
La Brianza dei brianzoli: cullata, custodita, identitaria. Condizione esclusiva, genera un senso di appartenenza cui viene restituita una fisionomia economica, sociale, culturale e linguistica: esiste un dialetto brianzolo che somiglia a qualcosa di già sentito in tutta la Lombardia eppure non è lo stesso. Nelle declinazioni, nelle sfumature, negli accenti, nella pronuncia.
La superficie su cui insiste il territorio brianzolo è di 405,5 km² che si incastonano nei 23.844 km² d’area della Lombardia.
L’origine celta – da brig: colle, altura - e la storia peculiare di 55 comuni che diventano tutt’uno: la Brianza dei popoli, delle gesta, delle tradizioni. La Brianza operosa, attiva, che non dorme. Avanguardia del saper fare, anticamera di percorsi produttivi virtuosi.
Il patrimonio produttivo e culturale della Brianza
Chi gh’ha fen, gh’ha tutti i ben: chi possiede il fieno possiede tutti i beni. Eccola, la storia della Brianza: nasce dai campi di fieno e dalle mani incallite, dai casali e dai magazzini, dalla gente di campagna che suda e coopera.
Vocazione agricola per secoli, oggi ne resta in rappresentanza una unica coltura, quella del mais, mentre lo scenario produttivo si è completamente trasformato. Terre di gelsi e bachi da seta, dal XII secolo all’industria della seta si affiancò quella laniera mentre si sviluppava, in parallelo, un corso agricolo che avrebbe condotto alle grandi coltivazioni che si insediavano intorno alle cascine, fulcro della vita sociale, giuridica, religiosa e anticamera delle grandi aziende agricole, dotate di stalle e magazzini, comparse intorno al 1800. Gli itinerari che si diramano lungo il fiume Lambro restituiscono in maniera nitida le tracce dei lavori ormai dimenticati. Erano i luoghi di operai e scalpellini, mugnai e campari, tessitori e filatori.
L’ascesa del tessile e i villaggi operai
La Brianza è stata tra le prime aree italiane a vivere l’impulso del processo di industrializzazione e urbanizzazione. Lungo la tratta ferroviaria Milano-Monza - la seconda linea ferrata della penisola risalente al 1840 - che delimitava i confini senza stravolgerne la fisionomia, laddove si erano insediate tessiture e molini, filature e cascinali, si è registrata una trasformazione repentina del tessuto produttivo e sociale.
Dalla cascina ai primi agglomerati abitativi per la popolazione operaia: ne è uno straordinario esempio il villaggio di Crespi D’Addanato nel 1876 per accogliere le famiglie degli operai di una delle più grandi aziende tessili della penisola. L’esperimento crespese durò cinquant’anni e oggi la città è dichiarata patrimonio Unesco proprio per l’eccezionale esempio dei villaggi operai che nacquero tra il XIX e il XX secolo a incarnare la filosofia illuminata di industriali attenti a soddisfare le necessità dei propri lavoratori.
Villaggio Crespi non è, tuttavia, l’unica esperienza brianzola che restituisce la forte trazione tessile che ha contrassegnato l’intera area. Il carattere distintivo di Garlate riporta alle settecentesche fabbriche di seta ben rappresentate dall’ex-Filanda Abegg, in cui i macchinari sono ancora operativi e la produzione è affidata a oltre duecento operaie di settore. Ad Abbadia Lariana, all’interno di un’antica fabbrica per torcere filo di seta che ancora ospita l’originario torcitoio circolare del 1818, oggi insiste il Civico Museo Setificio Monti. Il complesso della Ex Filanda, che risale al 1923, fu dedito all’allevamento del baco da seta e alla produzione di tessuti di seta fino alla Seconda Guerra Mondiale.
I laboratori artigianali del settore secondario
Il tessile è ancora un settore d’eccellenza radicato nelle aree del lecchese e del comasco: non solo seta, la cui produzione è in declino per il sopravvento dei mercati d’Oriente, ma anche lino, tra Monza e Vimercate. Il capoluogo di provincia vanta anche una presenza radicata di guantifici e cappellifici: quest’ultima conobbe una forte espansione già agli inizi del ‘900 e ne diventerà successivamente un riferimento esclusivo il cappellificio Vimercati, fondato nel 1953 ed emblema dell’eccellenza artigiana.
Con lo sviluppo del secondario, al tessile e all’industria serica si affiancano i primi laboratori artigianali passati, nel corso degli anni, dalla conduzione familiare a quella semi-industriale. La Brianza è oggi riferimento nazionale rispetto al settore del mobile che offre un ventaglio di opzioni di qualità riconosciuta e che si è sviluppata a partire dagli anni Trenta dello scorso secolo. C’erano, ai tempi, i bauscia, coloro che si prodigavano in elogi enfatizzati rispetto ai prodotti reclamizzati: al soldo dei mobilieri brianzoli, cercavano di convincere i passanti ad acquistare mobili presso il negozio di riferimento. Sono un simbolo acclarato della irrefrenabile espansione dei mobilifici di Lissone, diventata città del mobile per antonomasia e presto sede della Settimana del mobile, uno showroom tematico a cielo aperto della durata di una o due settimane. Connubio di artigianato e arte; mestiere imparato e tramandato a bottega e cresciuto grazie alla capacità di fare rete, intessere collaborazioni e partnership, assemblare campagne pubblicitarie e di marketing assai riuscite. Potevano e possono, quelle realtà, spendere la qualità di prodotti di livello superiore in cui l’accostamento tra saper fare e stile distintivo si è trasformato in binomio indissolubile. L’arte dei mobilieri brianzoli è un valore aggiunto riconosciuto oltre i confini nazionali che coinvolge anche i comuni limitrofi di Cantù, Mariano Comense, Meda, Giussano, Seregno e Seveso. L’intero comparto conta oggi oltre 50mila addetti del settore.
Il modello Brianza nel cuore del made in Italy
Territorio a forte vocazione industriale, fiore all’occhiello della Brianza resta il suo comparto manifatturiero che restituisce un valore aggiunto superiore ai 7 miliardi annui e incide nella crescita economica brianzola, sesta area industriale d’Europa e terza in Italia. Realtà imprenditoriali resilienti ed esempio virtuoso del saper fare azienda. Il panorama industriale si connota per l’espansione della Silicon Valley italiana, un territorio che si sviluppa nel sud est della Brianza tra Vimercate e Agrate, in cui l’alta tecnologia in cui hanno investito aziende all'avanguardia nell'automazione e nella produzione di componenti high tech si combina con l'espansione della green economy. Sbiaditi gli sfarzi dei settori automobilistici e motociclistici che un tempo restituivano le glorie di Autobianchi e Gilera, ai settori in crescita si affiancano i cementifici della Brianza lecchese e lariana, le chimico-farmaceutiche di Muggiù e Cesano Maderno, le plastiche di Cesano e Osnago.
Il “made in Brianza” ha una forte penetrazione nei mercati internazionali. E’ il modello Brianza: una tradizione di laboriosità e di successi imprenditoriali che vengono riconosciuti ed esaltati quale marchio indelebile del made in Italy.