Livorno

Città di mare, città di porto e città ideale.

Dinanzi al mare e lungo la costa occidentale della Toscana, Livorno è un luogo d’approdo e di scambi, non solo commerciali. Grazie al suo porto è divenuta una città che ha saputo fare dello scambio un fatto di accoglienza e dell’accoglienza arricchimento, cultura nuova, pluralismo, cosmopolitismo, importazione di nuovi saperi e saper fare, tutto poi custodito nei valori di una tradizione divenuta locale.  

Una città che sa fare esperienza, pur essendo una città giovane. Ha appena cinque secoli e di questa gioventù ha mantenuto una certa vivacità interattiva e creativa, espressa da personalità brillanti in campo sia artistico che culturale: di Livorno è il genio artistico di Amedeo Modigliani e Giovanni Fattori, quello musicale di Pietro Mascagni o ancora quello poetico di Giorgio Caproni.

Livorno è dunque una città di mare, una città di porto e una città ideale.

Urbanisticamente si racconta come un’altra Venezia, con i suoi ponti e i caratteristici canali da navigare, non pochi sono gli spazi in cui si celebrano cultura e scenario naturalistico: Piazza Mascagni è una terrazza panoramica che celebra musica e paesaggio, dalle alte vedute del Santuario di Montenero, meta di pellegrinaggi, ogni sguardo è un rimando al mare, il teatro è dedicato a Carlo Goldoni, mentre le architetture urbane della settecentesca via Borra la definiscono come una tra le più rappresentative arterie della città, quella che fu residenza privilegiata di mercanti stranieri in un abitare tra consolati e rinomate compagnie di navigazione.  

Tradizione e creatività, un altro legame col mare    

Il mare restituisce sempre qualcosa. Dal mare ci si lascia contaminare e Livorno è un territorio in cui paesaggio costiero e produttivo, si completano. Ciò che il mare offre la città lo lavora, lo produce. È così che Livorno possiede una tradizione d’artigianato artistico chiaramente definita.

La pesca del corallo nel Tirreno è praticata dall’epoca rinascimentale, ma è nel Seicento che Livorno ha fatto della lavorazione del corallo una delle tradizioni artigiane più importanti legate al suo territorio. I maestri corallai non erano però labronici ma genovesi e armeni, commercianti che si erano trasferiti nella città toscana. Dalla Spagna e dal Portogallo approdarono poi anche artigiani e mercanti ebrei, tutti esperti conoscitori della lavorazione corallina.

Questo provenire da altri luoghi e dal altre conoscenze, fece di Livorno uno “spazio in comune” nel quale furono condivisi i segreti e le diverse tecniche di lavorazione così che, nelle botteghe e nei laboratori, gli “apprendisti” livornesi si specializzarono nella lavorazione del corallo soprattutto in tondo, a olivette e botticelle. Come abili maestri, i nuovi artigiani labronici realizzavano caratteristici pater nostri in corallo, manufatti molto ricercati anche nelle piazze di Londra, Calcutta e Bombay.

Questa produzione si intensificò nel corso del tempo e sfociò nella tradizione più specificatamente orafa e nella creazione di collane, orecchini, anelli, spille e bracciali. Fu così che il corallo, a Livorno, fece scuola e in città cominciarono ad attivarsi istituzioni benefiche per favorire l’insegnamento di questo saper fare anche ai più giovani.  

La tradizione artigiana livornese non si ferma a quella corallina ma è affiancata anche dalla lavorazione artistica dell’alabastro e della ceramica: in terracotta vengono modellati piatti, vassoi e anche statue, la tecnica di lavorazione è di derivazione etrusca.

In una città di mare, costruire navi è prerogativa quasi naturale. A Livorno non ci furono solo i laboratori della ceramica, ma soprattutto e ancor prima le officine di falegnameria e dei maestri d’ascia. È da questo tipo di attività, inizialmente riservata alla realizzazione delle navi, che nell’Ottocento, la lavorazione del legno cominciò ad essere praticata in virtù di un’arte ancor meglio definita, quella ebanista, rivolta alla creazione di mobili e attraverso sviluppate tecniche d’intaglio, decorazione e intarsio.

Tecniche di costruzione e decorazione si perfezionarono ed intensificarono anche a corredo di un’ulteriore pratica artigianale: sempre nell’Ottocento i fonditori livornesi definiscono la tradizione della lavorazione del ferro, fuso e lavorato sia per soddisfare l’arredo d’interni che per la decorazione urbana.