Territorio di natura, archeologia preistorica e industriale
La parte orientale del Friuli Venezia Giulia è definita da una fascia pianeggiante. Nel punto in cui è attraversata dai torrenti Torre, Judrio, Versa e Bisunta, a pochi chilometri da Gorizia, è possibile scoprire il territorio di Romans d’Isonzo.
L’edilizia di tipo tradizionale che ancora oggi caratterizza questo centro friulano ne racconta un po’ la storia, da quella delle origini e di età romana ad una più recente, testimoniata invece da un’affascinante archeologia di tipo industriale.
Se gli insediamenti rustici raccontano una storia originaria, nella località di San Zorc invece la lettura del territorio rivela la presenza di quella che fu una delle più importanti necropoli longobarde d’Italia.
Ma è nei luoghi di un’aperta campagna, ordinata e definita da fossi e filari, che la testimonianza archeologica compie un salto epocale e si fa di tipo industriale.
Si trova infatti il profilo di un edificio diroccato, rudere di una fornace con al fianco una ciminiera. Testimonia l’attività industriale di questo luogo, la dedizione alla produzione dei mattoni diffusa un po’ ovunque nella provincia goriziana.
Il reperto edilizio fa riferimento a un forno di tipo Hoffman a dodici camere, un modello “tecnologico” abbastanza diffuso nella seconda metà dell’Ottocento.
La fornace fu molto attiva anche dopo la Grande Guerra, vantava una produzione e una manodopera molto ampie, prova della buona attività industriale del territorio.
Il paesaggio produttivo doveva essere definito anche da altri elementi, altre ciminiere, con non pochi porticati per l’essiccazione dei mattoni, con le cave per la l’estrazione dell’argilla e dalle quali si sarebbero originate le cosiddette “buche”, piccoli laghi in prossimità dei torrenti.
Se il profilo industriale di Romans d’Isonzo è definito e rappresentato dal punto di vista di una storicità produttiva, quello della tradizione artigiana presenta una lettura più diffusa perché legata a quanto si è sviluppato nell’interezza del distretto di provincia, quello goriziano.
Artigianato “climatico” e di territorio: la provincia di Gorizia tra lana cardata e vetro artistico.
Potrebbe apparire come una lettura inverosimile ma la componente climatica che caratterizza i territori del Friuli Venezia Giulia e della provincia di Gorizia ha influenzato la diffusione di specifiche attività d’artigianato locale.
A causa di freddo e gelo, non pochi centri goriziani, nelle stagioni invernali, vivevano condizioni di isolamento. Così fin dai tempi più antichi diventò necessario essere artigiano, essere capace, nel proprio territorio, di recuperare oggetti e suppellettili indispensabili al quotidiano.
La necessità fece insomma virtù e numerose furono le botteghe di fabbri, ceramisti ed ebanisti allestite nei numerosi centri della provincia.
Una tradizione artigianale particolarmente diffusa fu quella della lavorazione del legno: maestri falegnami del territorio goriziano furono attivi fin dal Medioevo, erano dediti alla realizzazione di arredamento in legno reso particolare da rifiniture in ferro sbalzato.
La tradizione ebanista, come quella degli intagliatori, di cesellatori e scultori del legno definisce ancora oggi un po’ tutto il territorio provinciale, come realtà produttiva assai riconosciuta.
La lavorazione della lana si sviluppa inizialmente ad Aquileia, era di tipo manuale e si estese grazie all’impiego di due tecniche d’infeltrimento, ad ago e ad acqua saponata.
Accanto alla lana, anche la lavorazione del merletto acquisì il valore di una lunga tradizione: i merletti, a Gorizia, erano il corredo per abbigliamento e arredamento, anche nelle chiese. I primi manufatti erano realizzati nei conventi, secondo disegni nuovi rispetto a quelli di tradizione veneziana. Si usavano piccoli fusi, anziché gli aghi.
Ciò che di questa manifattura si conserva è visibile nel Museo Provinciale di Gorizia e testimonia la storia di un costume per lo più elitario ed ecclesiastico.
La lavorazione del vetro artistico nel territorio di provincia è anch’essa di antica tradizione. È incentrata sulla realizzazione di vetrate artistiche di chiese e cattedrali, quando è di tradizione porta avanti le tecniche di una rilegatura a piombo e in stagno.
La capacità produttiva provinciale ha disegnato dunque le linee di una produttività che alle tradizioni di tipo artigianale ha saputo concedere un respiro, anche d’impresa, che qualifica oggi tutto il territorio.