Quella di Riccardo potrebbe sembrare una storia già sentita. La storia di tanti, di tutti coloro che per coraggio o per codardia scelgono di allontanarsi dal mondo per tornare, in un certo senso, all’essenziale. Certe volte, però, non è la trama a fare la differenza, il cosa non è importante. Conta soltanto il come.
Riccardo Monte è originario della provincia di Verbania, il suo paese si chiama Ornavasso, da lì si vedono le cime della Val Grande, una delle zone più selvagge della montagna italiana. Studia architettura al Politecnico di Milano, nel 2008, quando si laurea non ha programmi pronti, così segue il consiglio di un amico di famiglia: vai a Londra.
L’indicazione è di Vittorio Gregotti, architetto e ideatore di oltre centoventi progetti di pregio in Italia e all’estero. Riccardo parte, si butta, ci prova.
Inizia a lavorare per un importante studio, il dRMM Architets, vincitore dello Stirling Prize; al suo interno vi si trova un laboratorio di modellistica, lì è dove prendono forma i progetti. Col tempo Riccardo ne diventa il responsabile.
Passano otto anni e sembra un giorno qualunque quando decide che quella fase è finita. Lascia Londra pensando di viaggiare per il mondo ma, quando fa ritorno in Valdossola, si rende conto che possiede già tutto ciò di cui ha bisogno.
Trascorre sei mesi in montagna, si ritira da solo per trascorrere l’inverno nella natura, non ha nemmeno l’energia elettrica e non gli manca. Come Thoreau, Riccardo non cerca nulla se non un’esperienza che lo renda più ricco. L’essenziale sta tutto lì, in fondo.
Finito quel tempo, qualcosa passa, qualcosa resta. Rimangono un appartamento da ristrutturare e un pensiero. Ornavasso torna a essere casa, così come lo era già stata per i Walser, una popolazione autoctona che dal Medioevo si era instaurata in quelle valli. Riccardo sente molta affinità con quei suoi antenati, perchè riuscivano a sfruttare quello che avevano. La terra, il legno, la montagna.
Da questa ispirazione nasce l’attività di Riccardo Monte che non ama definirsi artigiano, nonostante il materiale sia sempre protagonista delle sue creazioni. L’ascolto delle materie prime è il punto di partenza per le sue collezioni di arredi che prendono forma da suggestioni quotidiane e si definiscono attraverso una sperimentazione concreta.
Gli oggetti design che Riccardo produce sono tutti fatti a mano, pezzi unici che narrano un percorso artistico personale e, al tempo stesso, una scelta di vita. Sono tavoli, panche, sgabelli dalla forte presenza materica e dalla forma duttile.
I taglieri sono forse il riassunto più rappresentativo del pensiero di Riccardo: valorizzare l’esistente. Aggiungere il meno possibile. Il product designer è colui che sparisce.
Se in inglese è il termine maker a racchiudere al meglio questa attitudine, in italiano non esiste nulla di simile. Riccardo è homo faber, nel senso rinascimentale e letterale del termine.
In questo percorso è accompagnato da Katie May e dal piccolo Julian. Katie è la parola ultima, quella che approva e supporta, lo sguardo esterno. Con lei vive nella casa che ha ristrutturato, a cui diverse testate internazionali hanno dedicato pagine e attenzione. Le loro produzioni artistiche sono vendute in tutto il mondo.
L’attività di Riccardo che finora è stata improntata su complementi d’arredo in legno, non ha un’unica direzione perché presuppone un’evoluzione costante. Lasciarsi stupire è l’unico obbligo.